BUON TEMPO ORDINARIO!

Volantino NE                                                    Volantino CNT

  COMUNIONE... NON TEMERE...
 

 

Ogni rottura di comunione è mancanza di amore e di perdono.
(fra Adalberto Piovano)
 

Tu sei, Signore, il nostro coraggio, che ci aiuta a non cedere alla notte.
(fratel MichaelDavide)

 

 

La Parola

XXIV domenica del tempo ordinario
17 settembre 2023

  «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”»(...) (dal Vangelo secondo Matteo 20, 1-16) 

PER LA RIFLESSIONE

Guardo la giornata con gli occhi degli ultimi, quelli seduti in piazza con gli strumenti del loro lavoro posati giù, inutili, che sentono di avere fallito la loro missione, quella di procurare il pane: chi si sente incapace di badare ai suoi figli sta male, sta molto male. La chiamata che arriva inattesa, illogica, che basterà forse a procurare un boccone soltanto, è accolta subito, senza accampare scuse e senza chiedere dettagli, si va’ e si fa. Il proprietario che esce all’alba in cerca di braccianti, avanti e indietro dal campo alla piazza, per cinque volte fino a che c’è luce. Il padrone è solo un’immagine consolatoria della nostra vita spirituale o può dire qualcosa in termini di giustizia e solidarietà? Così gli ultimi operai che nessuno vede nessuno chiama. Siamo vigna di Dio: fatica e passione, il campo più amato. La terra intera è vigna amata, con i suoi grappoli gonfi di miele e di sole, ma anche con le sue vendemmie di sangue. Pressato da qualcosa che non è il lavoro in vigna: che senso ha reclutare lavoratori quando resta un’ora di luce? Il tempo di arrivare alla vigna, di prendere gli ordini dal fattore, e sarà subito buio. Rivelatrici le parole del padrone: Perché ve ne state qui, tutto il giorno senza fare niente? Quegli uomini inerti producono un vuoto, provocano una mancanza di senso, il giorno attorno a loro si ammala. Questo accade perché la maturità dell’uomo si realizza sempre in tre direzioni: saper amare, saper lavorare, saper gioire. Nessuno ha pensato agli ultimi, allora ci penserà lui, non per il suo ma per il loro interesse, per i loro bambini, come virgulti d’ulivo attorno alla mensa senza pane. Quel cercatore di braccia perdute si interessi più degli uomini, e della loro dignità, che non della sua vigna; più delle persone che del profitto. Un grande. Accompagniamo questi ultimi braccianti fino a sera, al momento clou della paga. Primo gesto spiazzante: sono loro, gli ultimi arrivati, ad essere chiamati per primi, quelli che hanno lavorato di meno. Secondo gesto che stravolge la logica: loro che hanno lavorato un’ora soltanto, per una frazione di giornata ricevono la paga di una giornata intera. E capiamo che non si tratta di una paga, ma di altro modo di abitare la terra e il cuore. Quando poi arriva il turno di quelli che hanno lavorato dodici ore, portato il peso del caldo e della fatica, si aspettano, giustamente, pregustano un supplemento di paga. Ed eccoci spiazzati ancora. La paga è la stessa: «Non è giusto» protestano. È vero: non è giusto. Ma il padrone buono non sa nulla della giustizia, lui è generoso. Neppure l’amore è giusto, è di più. La giustizia non basta per essere uomini, tantomeno per essere Dio. Alla loro delusione risponde: No, amico, non ti faccio torto. Il padrone non toglie nulla ai primi, aggiunge agli ultimi. Non sottrae nulla, dona. Non è ingiusto, ma generoso. E crea una vertigine dentro il nostro modo mercantile di concepire la vita, sopra l’economia di mercato stende l’economia del dono: l’uomo più povero, senza contratto, viene messo prima del contratto di lavoro. La giustizia umana è dare a ciascuno il suo, quella di Dio è dare a ciascuno il meglio. Nessun imprenditore farebbe così. Ma Dio non lo è; non un imprenditore, non il contabile dei meriti, lui è il Donatore, che non sa far di conto, ma che sa saziarci di sorprese. Ti dispiace che io sia buono? No, Signore, non mi dispiace affatto, perché sono l’ultimo bracciante, perché so che uscirai a cercarmi ancora, anche nell’ultima luce.  (padre Ermes Ronchi) 

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ANNO A

 

         Letture... per te              

Manuel il piccolo guerriero della luce

Questo libro è la biografia di un bambino scritta a quattro mani da Valerio Boccia, per otto anni direttore generale e direttore editoriale dell’editrice LDC, e da Enza Maria Milana, madre di Manuel

E’ una storia bellissima.

Ma come può essere bella la storia di un bimbo morto di tumore a 9 anni dopo anni di atroci sofferenze?

Eppure in tutto il libro si respira aria di fede e di Amore di Dio

Il libro descrive la breve vita di Manuel Foderà segnata dalla sofferenza offerta per amore e per la conversione dei cuori induriti. Egli sapeva di aver ricevuto da Gesù una missione e definiva se stesso “guerriero della luce”: portava a tutti luce e speranza, dicendo che Gesù ci ama più di quanto noi possiamo amare Lui.

La comunione per lui era una vera intima unione con il suo grande Amico Gesù. Aveva in Lui una “fiducia incondizionata, smisurata” e Gli ha spalancato la porta del suo cuore.

Ha terminato la sua vita terrena, ma non la sua missione, a 9 anni, ed è riuscito ad entrare nel cuore di tanti: bambini, medici, suore, preti, frati, vescovi e tanti tanti altri.

A tutti regalava sorrisi, anche quando soffriva terribilmente, e preghiere.

La lettura di questo libro fa bene al cuore, fa riflettere sul senso della vita e della sofferenza e trasmette “luce”.

Questo libro è stato fortemente voluto dallo stesso Manuel, che ha chiesto alla sua mamma di scrivere molti libri su di lui, perché tutti potessero conoscere la sua storia.

La mamma Enza prendeva appunti e, come Maria, serbava ogni cosa meditandola nel suo cuore. E’ stata non solo testimone attenta e premurosa, ma anche sostegno nei momenti più difficili.

 

 

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